Published on Agosto 16th, 2011 | by Nidil_Firenze
0Rapporto Cnel, persiste l’allarme disoccupazione: oltre un milione di under 30 a rischio precarietà
L’economia italiana, spiega il CNEL, “è troppo debole per imprimere una svolta alla domanda di lavoro” e il tasso di disoccupazione “potrebbe salire ancora per qualche trimestre”, continuando a coinvolgere soprattutto i giovani. ll fenomeno dei Neet, cioè coloro che restano fuori dal mercato del lavoro e che non sono impegnati in nessun processo di formazione, come sottolinea il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, continua ad aggravarsi raggiungendo nel terzo trimestre del 2010 il 28,8%. Intanto, si va accentuando sempre più la distanza tra nord e sud dovuta al calo dell’occupazione, che non ha subito interruzioni, e che ha generato un aumento dei trasferimenti al centro-settentrionali.
Allarmante il dato del CNEL sui giovani a rischio precarietà: un milione e 82 mila giovani fra i 16 e i 29 anni, infatti, sono dipendenti temporanei, collaboratori o lavoratori in proprio in regime di monocommittenza.
Per quanto riguarda invece il rapporto tra formazione e occupazione, il CNEL sottolinea come nonostante sia cresciuto il numero di laureati occupati (+286 mila persone tra il 2007 e il 2010), si sia ampliato il fenomeno dell’overeducation: dato che le minori opportunità professionali nel paese aumentano la disponibilità dei laureati ad accettare lavori che richiedono livelli d’istruzione più bassi: seppur complessivamente avere un titolo di istruzione universitario garantisca una maggiore probabilità di ricoprire un posto migliore, è anche vero che in Italia solo poco più di un terzo dei 25-34enni laureati si trova occupato in professioni intellettuali e dirigenziali (ossia quelle altamente qualificate).
Sempre dal CNEL viene la conferma che una parte consistente di lavoratori autonomi e di liberi professionisti sono in realtà ben poco autonomi e liberi: Negli ultimi anni è fiorito l’utilizzo delle partite Iva individuali per impiegare professionisti, soprattutto giovani, in forme di parasubordinazione; sebbene queste persone risultino lavoratori autonomi, come normativa del lavoro, fiscale e previdenziale, di fatto vengono impiegati in posizioni lavorative assimilabili per condizioni e prospettive a quelle dei dipendenti a termine.
Supponendo che siano riconducibili a forme di parasubordinazione quei lavoratori in proprio (includendo anche i liberi professionisti) che lavorano per una sola azienda e presso la sede della stessa, si arriva ad una quantificazione (per il 2010) di 258 mila “falsi” autonomi, un numero pari al 5.5 per cento dei lavoratori in proprio e dei liberi professionisti.
Questo aggregato di “falsi” autonomi o parasubordinati aveva conosciuto una notevole contrazione nel biennio di crisi; come i dipendenti temporanei, queste forme di occupazione, più flessibili, sono state le prime ad essere colpite dalla recessione. Nel 2010, invece, l’aggregato ha registrato una marcata ripresa, del 13.3 per cento, a fronte di una sostanziale stabilità del complesso dei lavoratori in proprio e dei liberi professionisti. Pertanto, buona parte della crescita dell’occupazione autonoma è, di fatto, crescita dell’occupazione “non-autonoma”.