Published on Giugno 7th, 2009 | by Nidil_Firenze
1(Non) RASSEGNAmoci!
La prima notizia della settimana va ovviamente riservata al Presidente del Consiglio, che è ancora una volta riuscito in una missione che sembrava impossibile: imbarazzare perfino Bruno Vespa. O almeno così Michela Bongi, sul ‘manifesto’ del 4 giugno, interpreta l’espressione del fedele conduttore alla frase del suo amato ospite “oggi non c’è nessuno che perdendo il lavoro non venga aiutato dallo stato. C’è la cassa integrazione anche per i precari e per i lavoratori a progetto”. Massimo Giannini, che riferisce la medesima frase di Berlusconi dal suo blog sul sito di Repubblica, non ha invece ritenuto che essa abbia creato perplessità Bruno Vespa, che di certo però non gli ha ribattuto nulla. Al di là di questi dettagli su come il celebre giornalista interpreta la propria professionalità, ci è d’obbligo ricordare che questa vicenda è stata seguita attentamente nelle rassegne stampa del NidiL (si vedano le puntate precedenti), e che la frase del Presidente del Consiglio è -purtroppo- clamorosamente falsa. Per non citare noi stessi citiamo le ‘considerazioni finali’ svolte il 29 maggio di fronte all’Assemblea Ordinaria dei Partecipanti dal governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi “Si stima che 1,6 milioni di lavoratori dipendenti e parasubordinati non abbiano diritto ad alcun sostegno in caso di licenziamento” (testo scaricabile dal sito della Banca d’Italia). Entrando nel dettaglio della relazione di Draghi, Rossella Bocciarelli e Davide Colombo sul Sole 24 Ore del 6 giugno scorporano così la cifra: sono completamente senza sostegno 492mila dipendenti a tempo indeterminato (questi sono i dirigenti del settore privato), 626mila dipendenti a tempo determinato, 46mila interinali, 35mila apprendisti, 449mila parasubordinati (cocopro). L’articolo richiama però il commento dell’Isfol (Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale dei Lavoratori) che sottolinea che le stime della Banca d’Italia non contano il popolo dei cococo della pubblica amministrazione (stimato in più di un milione), e che non possono catturare le partite IVA dietro le quali si nascondono rapporti di lavoro subordinato.
Insomma, non sembra che Draghi avesse inventato le sue cifre, e si era inoltre premurato (ricorda sempre il Sole, ma anche Repubblica del 6 giugno) di sottolineare un apprezzamento per il fatto che il governo si sia impegnato a diminuire il numero dei non coperti, tanto che (dice Repubblica) la prima reazione del governo alla relazione era stata entusiastica. Invece venerdi’ 5, ultima giornata di campagna elettorale, Berlusconi ha accusato frontalmente la Banca d’Italia di aver fatto male i conti (notizia riportata da Corriere della Sera, Repubblica, Sole, Libero, manifesto del 6 giugno). Il commento di Dario Di Vico sul Corriere cerca di mettere un po’ di pace, richiamando il famoso studio di Sacchi, Berton e Richiardi come un testo ormai assodato, che ispira persino il ministro Sacconi a un riordino complessivo di cassa integrazione, sussidio di disoccupazione e reddito minimo garantito. Di Vico invoca a sostegno di questa posizione sia il principio di “giustizia sociale”che un “orientamento di razionalità economica”, ovvero il bisogno di sostenere la domanda in questo momento di crisi.
La lite sui numeri forse si spiega tutta qui: Berlusconi pensa di aver già fatto tutto quello che doveva perché motiva il suo agire non con la giustizia, ma con il bisogno di “garantire la pace sociale”. Perciò, in questo senso, non è faccile dimostrare che abbia torto: in effetti non si percepisce che il paese -a parte l’isolata CGIL- si prepari a reagire alla politica economica del governo con delle forme di lotta.
Concludiamo con una riflessione sulla crisi economica confidata da Giuseppe de Rita a Sara Farolfi e Valentino Parlato (manifesto del 4 giugno). “Il vero problema di questa crisi, se uno la legge in filigrana, è che è la prima vera crisi del terziario italiano, che per trent’anni ha fatto da sacca di compensazione di tutto il casino che succedeva nell’industria. Oggi questo terziario, con tutte le sue sacche di precariato, soffre più dell’industria e le conseguenze rischiano di essere pesanti. E’ lì che ci siamo inventati i formatori dei formatori, e risistemare questo mare indistinto in cui abbiamo messo di tutto, con la spada di Damocle del debito pubblico, è difficile e faticoso, oltre che costoso. In più, manca una cultura di relazioni industriali per cui il precario dello spettacolo, i semigiornalisti, o i semiaddetti stampa, da chi sono rappresentati?” Ed ecco che una delle teste pensanti della sociologia italiana chiama in causa proprio il ruolo nostro, del NidiL, di questa rassegna stampa settimanale, di Precaradio: il suo discorso implica che, in questa crisi, c’è del lavoro da fare anche per noi.
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