Published on Dicembre 9th, 2009 | by Nidil_Firenze
5Giovani e lavoro?
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società. (Costituzione, art. 4) Così Fini, tornando alle origini della nostra Repubblica, rilancia il valore dell’occupazione giovanile in Italia da un lato e dall’altro il dovere di assicurarlo da parte delle istituzioni.
Tutto comincia con una lettera aperta che Pierluigi Celli, direttore generale della Luiss di Roma, scrive a La Repubblica lo scorso 30 novembre “Figlio mio, lascia questo Paese” sono le sue parole, accompagnate da un’analisi sconfortata e sconfortante della società italiana contemporanea, “divisa, rissosa, fortemente individualista, pronta a svendere i minimi valori di solidarietà e di onestà in cambio di un riconoscimento degli interessi personali, di prebende discutibili; di carriere feroci fatte su meriti inesistenti”. Su tali premesse il consiglio di Celli al proprio figlio è di prendere “la strada per l’estero. Scegli di andare dove ha ancora un valore la lealtà, il rispetto, il riconoscimento del merito e dei risultati.” Una lettera provocatoria che non manca di accendere un animato dibattito: insorgono i Ministri Frattini, Meloni, Zaia (“ai giovani dico: rimanete e costruite con noi un Paese diverso, vitale, in cui la sovranità appartenga al popolo e non alle élite” La Repubblica 1 dicembre); si leva accorato l’appello del Presidente Napolitano (“Non andatevene possiamo ancora crescere…Possiamo far crescere un Paese all’altezza delle conquiste della civiltà contemporanea più avanzata” , La Repubblica 4 dicembre); risponde alle critiche e alle polemiche e alle critiche mosse alla sua persona lo stesso Celli, che motiva la sua azione con l’urgenza di sollecitare “un’attenzione meno superficiale su un tema che…premeva sotto la pelle: il possibile destino di un’intera generazione di laureati, condannati se va bene al precariato…” ( La Repubblica 4 dicembre) o destinati all’arte della fuga, alla ricerca di una terra nella quale “efficienza, solidarietà e merito possano integrarsi”.
Previsioni di un futuro minato e incerto, dunque, che non possono non richiamare alla mente i dati Istat pubblicati proprio nel corso della settimana e resi noti dalle principali testate (, Corriere della Sera 2 dicembre, La Stampa 2 dicembre, La Repubblica, 2 dicembre). Nell’ottobre 2009 i disoccupati erano pari a 2 milioni e quattromila, 39mila in più rispetto al mese precedente (+2%) e 236mila in più (+13,4%) rispetto all’ottobre 2008; come conseguenza, il tasso di disoccupazione in Italia si porta all’8%, cosa che non succedeva dal marzo 2004. Contemporaneamente l’Istat annuncia che da ora avvierà una pubblicazione mensile dei risultati ottenuti dalle rilevazioni sul mercato del lavoro, come peraltro già avviene negli altri paesi europei, consentendo di effettuare analisi più precise e mirate. I dati , Sole 24 ore 2 dicembre) portano l’Italia ancora al di sotto della media dell’Unione europea (il cui tasso di disoccupazione medio è del 9,3%), ma segnalano pericolosi disagi nei comparti più deboli del nostro mercato del lavoro, in particolare i giovani e le donne, che sono quasi la metà (978mila, il 4,1% in più rispetto a settembre 2009 e l’11,2% in più rispetto all’ottobre scorso): il tasso di disoccupazione giovanile è pari al 26,9%, con un incremento del 4,5% rispetto all’ottobre 2008; quello delle donne fra i 15 e i 64 anni è pari al 46,6% (con un tasso di disoccupazione pari al 9,5% rispetto al 6,9% degli uomini); infine il numero degli “inattivi” (cioè coloro che non risultano nè occupati nè in cerca di occupazione fra i 15 e i 64 anni) sono 14milioni e 741mila, con un tasso di inattività pari al 37,4%, in aumento soprattutto nel Sud. Se dunque il confronto con la media UE e con gli altri Paesi porta Francesco Forte a minimizzare (“Disoccupazione, vietato truccare le carte”, Il Giornale 2 dicembre) e il Ministro Sacconi a commentare positivamente attribuendo il merito della tenuta agli ammortizzatori sociali, che hanno arginato la perdita di occupazione fra i lavoratori a tempo indeterminato, rimasti stabili anche grazie al ricorso alla Cassa integrazione (i cassintegrati sono considerati come occupati), i dati testimoniano come sia certamente necessario rivedere gli interventi a sostegno dei giovani, che “a causa dei mancati rinnovi dei contratti flessibili” sono stati i più colpiti, delle donne e delle piccole imprese. Ecco perché Maurizio Ferrera su Il Corriere della Sera del 2 dicembre , in un articolo intitolato Donne, giovani e tanti “piccoli” propone due obiettivi a cui puntare: in primis la gestione dell’emergenza, “attraverso un potenziamento degli ammortizzatori sociali…volti a sostenere il reddito delle categorie più deboli”, attraverso una riforma organica della politica del lavoro, “capace di realizzare quella combinazione tra misure attive e passive di salvaguardia dell’occupazione”; poi l’individuazione di “un percorso di riconfigurazione del nostro modello economico e sociale per adeguarlo ai nuovi parametri del dopo crisi”. Pur amaramente chiosando che, “a chi ha perso il posto di lavoro e fa fatica ad arrivare a fine mese, un dibattito come questo può suonare come una poco utile fuga in avanti”.
L’Istat ha inoltre calcolato che i giovanissimi, dai 15 ai 24 anni, registrano un tasso di disoccupazione addirittura del 26,9%, in crescita del 4,5%: vale a dire che più di un giovane su quattro è disoccupato. Un segnale decisamente preoccupante, come sottolinea La Stampa del 2 dicembre nell’articolo “Giovani, il futuro che non c’è” e Il Sole 24 ore del 2 dicembre a maggior ragione se viene letto con un fenomeno che già vede l’Italia ai primi posti in Europa, e cioè il numero di giovani che non sono impegnati né nella scuola né nel lavoro né in qualche attività di formazione professionale: la preoccupante (e preoccupata) generazione NEET – not in education, employment or training.
Nel frattempo in Parlamento prosegue il dibattito sulla Finanziaria 2010, che dovrebbe essere varata nei prossimi giorni dopo una sere di maxi-emendamenti governativi, riformulazioni e relazioni tecniche , La Repubblica 5 dicembre, Sole 24 ore 7 dicembre) e che dovrebbe includere alcuni (minime) misure sugli ammortizzatori sociali. Minime perché, sebbene il pacchetto per il welfare dovrebbe essere rafforzato con 1,1 miliardi di euro l’anno ( Corriere della Sera 5 dicembre), in verità l’impatto sui giovani e sui precari sarà alquanto limitato. Stando alle ipotesi, l’assegno di disoccupazione per i co.pro. dovrebbe aumentare solo del 10% – passando dal 20 al 30 per cento del reddito percepito l’anno scorso, con un limite massimo che passa da 2.800 a 4.000 euro – e non prevederebbe un ampliamento della platea dei destinatari, mantenendo il limite della fascia di reddito fra i 5mila e i 2milla euro annui e il vincolo delle tre mensilità percepite nell’anno precedente. “Dal governo solo spiccioli per i precari”, scrive non a caso Del Vecchio su Europa del 1 dicembre , come peraltro già era avvenuto nel primo semestre 2009, quando – fra i 100mila collaboratori che hanno perso il posto di lavoro – solo 9mila hanno potuto fare domanda e, di questi, solo mille hanno potuto beneficiare effettivamente degli aiuti governativi. Spiccioli, appunto.
Valentina Zucchi
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